sabato 2 agosto 2014

Le nostre interviste: S.E. il Cardinale Ruffini (Famiglia Cristiana)

 
Il Cardinale che sa tutto sui Siciliani
 
 



[...] " i Siciliani sono gente di cuore che ti amano veramente; che sentono l'amore ed amano chi ti ama.   Non sono gente di molte parole, ma persone riflessive, molto intelligenti e galantuomini.   Da 15 anni che sono in Sicilia c'è stato soltanto un furto a Santa Rosalia.   Ma certamente i ladri non erano siciliani, ma persone forestiere venute dal continente.   Un vero siciliano non avrebbe mai rubato in chiesa e tanto meno a Santa Rosalia "la santuzza nostra".   Avesse visto cosa non hanno fatto per riparare quel sacrilegio!  cose da far piangere anche un duro.   Il siciliano è veramente e profondamente buono."
 
- Mi scusi Eminenza, ma allora come spiega il fenomeno della Mafia e delle vendette private?  Quanti delitti non si leggono sui giornali.
"Bisogna capire la Sicilia e quella buona gente.   Le ho detto che sono molto intelligenti, riflessivi e di poche parole.   Dicono le cose una volta, due, tre... ma poi basta! e non sopportano l'ingiustizia, il sopruso.   Purtroppo non hanno molta fiducia nella imparzialità e nella forza della Legge ed allora si fanno giustizia da sé e qui sta l'errore.   Da un primo delitto poi disgraziatamente può scaturire una catena di vendette che Dio solo sa quando e come potranno finire.   Certi odi durano generazioni.   Tuttavia i delitti in Sicilia non sono più che altrove ed è un male curabile.   Direi che è come un bubbone in un corpo umano: curato adeguatamente, guarisce."
 
- Come spiega, Vostra Eminenza, la "sfiducia" del siciliano nella giustizia?
"Bisogna rifarsi alle condizioni politiche e geografiche dell'isola.   La Sicilia è stata per secoli governata da stranieri.   Il potere centrale era lontano e non sempre capillare e l'Autorità non governava; anzi per svariati periodi non c'è stata neppure una Autorità.   Allora quella povera gente è stata costretta ad eleggersi o a riconoscere un capo, il migliore, il più potente, il più intelligente; oppure ha dovuto tollerare il più forte e alle volte pro bono pacis o per evitare mali maggiori, anche il più prepotente che si è fatto avanti da sé e quello che faceva era legge.   E bisogna aggiungere che l'Autorità costituita anche quando c'era o non arrivava o arrivava tardi, non sempre a proposito e molte volte era più il danno che il vantaggio.   Il siciliano è fiero e, ripeto, non sopporta soprusi: se tace non è che non capisca il torto che gli si fa e dentro di sé rimugina e studia "giustizia".   Per questo ama "l'arma", il suo fucile, la sua difesa personale, la difesa sicura della famiglia, della proprietà, dei raccolti.   In Sicilia sono tutti armati.   Direi che importa più il fucile che il pane.   E si spiega anche questo fenomeno: possedere un'arma è considerato segno di virilità, di indipendenza, di forza, di sicurezza, di maturità fisica e morale.
Un amico onorevole che ha il suo seggio vicino a Palermo mi diceva: "Quando vado nel mio collegio elettorale l'unica cosa che mi viene richiesta di più è: "Eccellenza, mi faccia avere il porto d'armi".   Ottenerglielo è il più grande favore che si possa fare a questa fiera gente; il non averlo è sentirsi ed essere considerato, almeno un poco, come un menomato civile.
[...]
 
 
 
 
 

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