riviste gentilmente fornite da Roberto di roma
si discute molto, in Parlamento e fuori, se lo Stato debba o no, finanziare la scuola privata, cioè, in pratica, le scuole cattoliche. Le dirò che, fino a qualche tempo fa, ero nettamente contrario e un simile finanziamento. Con tutte le deficienze che assillano la scuola statale -mi dicevo- ci manca altro che il governo si metta a finanziare le scuole private! Si arrangino per conto loro. Ma qualche giorno fa, a conclusione di una amichevole discussione con un mio amico religioso, la mia certezza si è incrinata. Il mio amico infatti mi ha fatto notare che ogni famiglia ha il sacrosanto diritto di decidere se mandare i propri figli a una scuola statale o a una scuola privata. Per rendere possibile questa scelta -egli sosteneva- bisogna che, accanto a una forte scuola statale, esista anche una forte scuola privata. Bene farebbe lo Stato -egli concludeva- a finanziare anche le scuole religiose. Che ne pensa Lei di questo ragionamento?
Luigi M. (torino)
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Che è un sofisma. Basta che Lei pensi alla confusione che nascerebbe se lo Stato, per accontentare le varie tendenze private, si mettesse a finanziare scuole cattoliche, scuole marxiste, scuole positiviste, ecc. per capire tutta la inconsistenza del ragionamento del suo amico. Lo Stato deve pensare alla scuola statale e basta. Ogni altra soluzione viola grossolanamente non soltanto la Costituzione, ma anche il buon senso e la giustizia.
(maggio 1961)
sono un'italiana sposata con un americano e mi trovo benissimo nella mia nuova patria. Tuttavia mi sento ancora profondamente legata all'Italia e seguo abbastanza attentamente le vicende del mio vecchio paese attraverso numerosi periodici italiani che ricevo regolarmente in abbonamento. Una delle cose che mi meraviglia, nella stampa italiana, è la facilità con cui si criticano gli Stati Uniti per la loro politica razziale. E' facile sdegnarsi quando ci si limita alla pura teoria! Ma se l'Italia (o la Francia o l'Inghilterra) avessero dentro i loro confini una decina di milioni di negri, penso che considererebbero la questione con ben diverso realismo. E' vero, fra la gente di colore ci sono anche scrittori, studiosi, animi sensibili; ma la stragrande maggioranza è formata da gente maleducata, rozza, violenta, imprevedibile. Prima di esprimersi tanto severamente, ognuno dovrebbe porsi questa domanda: sarei contento se mia figlia, un bel giorno, mi venisse a dire che vuole sposare un negro?
Miriam T. (chicago)
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Seguo il suo consiglio e me la pongo subito anch'io. No, non sarei affatto contento. Il matrimonio impone una convivenza ininterrotta, intima, totale che può perdurare felicemente solo se fra i due coniugi esiste un minimo di affinità. Ma nei paesi che praticano la segregazione razziale questa affinità non nascerà mai. Isolata ed umiliata, la gente di colore sarà sempre più rozza, più torva, più violenta, più "negra". Solo l'uguaglianza di diritti può attenuare a poco a poco le attuali diversità. Se i bambini negri studiassero, giocassero, si divertissero insieme ai nostri (e questo lo troverei del tutto normale) si creerebbero lentamente quelle affinità per cui, nel giro di qualche generazione, anche un matrimonio misto non verrebbe più considerato una eccezione quasi scandalosa.
(giugno 1961)
mio cugino si è comprato una roulotte. Non le pare un sintomo di barbarie? Ho cercato amichevolmente di dimostrargli che chi a scopo di divertimento va a cacciarsi in uno di quei trabiccoli sobbalzanti mentre l'uomo ha inventato da secoli alcune comode innovazioni quali il tetto, il rubinetto, il letto e soprattutto gli alberghi, non ha diritto di far parte del mondo civile. Lui di rimando ha risposto sostenendo che chi disprezza la roulotte denota scarsità di fantasia e assoluta carenza di spirito d'avventura. Forse dipende dal fatto che mio cugino è notevolmente più giovane di me.
Leonardo R. (brescia
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Una controversia difficile. Suo cugino potrebbe assumere come avvocati Stevenson e Melville; Lei Kant e Flaubert. Giudice Mike Bongiorno che da un lato non ignora le comodità dei grandi alberghi e dall'altro, se non alla roulotte, è abituato all'altro aggeggio sobbalzante che è il sulky. Scherzi a parte sono incondizionatamente dalla Sua parte. No, non è una questione d'età. Conosco ventenni che non fanno un passo a piedi, e settantenni con barba alla Tolstoi che vanno pazzi per i camping e per i "cimenti invernali"
mi sa spiegare che cos'è questa improvvisa frenesia per i go-kart? Per quanto veloci, corrono meno delle automobili vere e proprie; per quanto emozionanti non potranno mai dare la gioia di una galoppata in piena campagna o sulla riva del mare. Non capisco che gusto ci sia a rischiare l'osso del collo su quei trabiccoli tanto pericolosi quanto antiestetici?
Libero L. (genova)
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E la moda dello yo-yo come la spiega? E la frenesia per l'hula-hoop? Il go-kart ha, è vero, il duplice svantaggio di essere rumoroso e pericoloso, ma in compenso dà ai suoi piloti l'impressione di essere tanti Stirling Moss. Ce n'è abbastanza, ahimè, per giustificarne il successo.
(agosto 1961)
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